Anche il Muratori sembra convinto della reità dei condannati, ma poi fa delle osservazioni generali sulle condanne di innocenti che alludono al contrario. Il Mora continuava a ripetere le stesse cose, appunto giudicate contraddittorie o insufficienti: che egli conosceva appena il Piazza e che aveva strappato il biglietto senza badarci, in preda alla confusione ingeneratagli dal momento, e che se avessero ricomposto il foglio e letto il contenuto sarebbe stato probabilmente in grado di spiegare cosa fosse (cosa che non venne fatta). Ammise di conoscere Vedano e Fontana, suocero del primo e nominato come complice dal Baruello. I due fecero stendere ai religiosi delle ritrattazioni di tutto ciò che avevano detto durante la tortura. Tuttavia secondo alcuni si poteva giungere alla tortura senza indizi così validi, per questo erano alla ricerca di una seconda bugia. È, certo, un gran miglioramento; ma se fosse anche [p. 762 modifica]più grande, se si potesse esser certi che, in un’occasion dello stesso genere, non ci sarebbe più nessuno che sognasse attentati dello stesso genere, non si dovrebbe perciò creder cessato il pericolo d’errori somiglianti nel modo, se non nell’oggetto. Concepita come un capitolo digressivo del "Fermo e Lucia" (1821-23) la "Storia della Colonna Infame" uscì alle stampe solo nel 1842, in appendice all'edizione illustrata dei "Promessi Sposi": e il ventennio di incubazione attesta non solo lo scrupolo del Manzoni nell'ambito della documentazione storica, ma anche le sue angosciose perplessità di giudizio, affioranti dalle d Davanti a Mora, Piazza lo accusò. In senato non poteva concedete l’impunità, quindi si dovette ricorrere a un espediente col governatore Spinola. Negò di conoscere la strada e l’osteria dove Mora aveva detto di averlo incontrato e negò di conoscere anche Don Pietro d Saragozza. Racconta che le sorse il sospetto che fosse un untore, e per controllarlo si spostò ad un’altra finestra dalla quale vide che effettivamente l’uomo stava toccando il muro. 129-132 Il sesto capitolo del trattato si apre con le sintetiche narrazioni dei processi di quanti furono, nei tempi diversi che si son seguiti sopra, chiamati in causa da Mora e Piazza. Il figlio di quel povero Mora, essendo interrogato più tardi se sa o ha inteso dire in che modo il detto commissario ongesse le dette muraglie et case, risponde: sentei che una donna di quelle che stanno sopra il portico che traversa la detta Vedra, quale non so come habbi nome, disse che detto commissario ongeva con una penna, havendo un vasetto in mano. Quando l'auditore con la "sbirraglia" andò ad arrestare il barbiere Giangiacomo Mora lo trovò nella bottega. Gli fu domandato chi eran quelli con cui s’era trovato; rispose: che li conosceva solamente di vista e non di nome. Questa pagina è stata modificata per l'ultima volta il 6 set 2013 alle 22:15. //it.wikisource.org/w/index.php?title=Storia_della_colonna_infame/Capitolo_I&oldid=- Che ne dissero? CAPITOLO II.....39 CAPITOLO III ... 6 Storia della Colonna Infame I TEMI 1. Ma sarebbe ridicolo il dimostrar che uomini potevano veder cose che l’uomo non può non vedere: può bensì non volerci badare. Furono fatte ricerche, nessuno sembrava conoscerlo. Riferisce infine che l’edizione dell’opera del Verri ha tardato decenni, forse perché avrebbe minato all’autorità del Senato, che era allora presieduto da suo padre. Il figlio Gaspare non calunniò nè se stesso nè altre persone; lo torturarono ma non disse niente. Mora denunciò inoltre il banchiere Giulio Sanguinetti, che sosteneva avesse dato dei soldi al Piazza. Infatti, nell’esame che gli fu fatto il giorno dopo, interrogato, se l’attioni che fece quella mattina, ricercorno scrittura, risponde: signor sì. Secondo Verri se questi scrittori avessero esposto la loro posizione in lingua volgare e le persone si fossero interessate di più, l’orrore per questo mezzo si sarebbe diffuso. Mora e Baruello erano gli unici ad aver deposto di essere venuti a contatto con lui, indicando anche i tempi degli incontri; in nessuno dei due periodi inventati Padilla era a Milano. Manzoni si chiede se sia così realistico che i giudici siano venuti a sapere queste parole così verosimili sono dopo anni e da un testimone indiretto. In un punto arriva anche a lamentarsi della sua condizione, per cui non gli è possibile esprimersi liberamente. Era stato assolto il presunto capo, mentre i presunti complici erano stati condannati: assolvendo il capo hanno praticamente ammesso di aver ucciso degli innocenti. [p. 765 modifica]Gli si replica che questo non è verisimile; si vuol dimostrargli che lo doveva sapere. Storia della colonna infame. La Storia della Colonna Infame e I Promessi Sposi, inseparabili, sono il dritto storico e il rovescio storico-romanzesco di un’unica situazione”. [p. 764 modifica]Per ispiegare come la sicurezza dello sventurato non diminuisse punto la preoccupazione de’ giudici, non basta certo l’ignoranza de’ tempi. Inizialmente il Mora, arrestato col figlio, pensò che fossero venuti perche' distribuiva un unguento senza licenza. La Colonna infame, secondo capitolo. Oltre a questi due documenti, Manzoni ha potuto attingere anche a qualche copia delle difese e a documenti autentici dell’epoca, trovati negli archivi. Liber Liber.it. E anche a loro fu detto da diversi che si sono [p. 763 modifica]trovati ivi, che ciò era stato fatto per averli veduti unti; come anco dal detto Signor Capitano, et da me notaro, scrive costui, si sono visti ne’ luoghi abbrugiati alcuni segni di materia ontuosa tirante al giallo, sparsavi come con le deta. Alla fine della strada si sfregò le dita contro il muro, probabilmente per pulirsi dall’inchiostro. Piazza poi ritratta: conosceva Mora, gli aveva dato l’unguento e sapeva che era mortale, con lui c’erano altre persone di cui non ricordava il nome. Il 30 Giugno, il Mora venne torturato, confessò il delitto di cui veniva accusato e confermò l’identità dei complici che il Piazza aveva indicato. (j, 8 2 ˘ ˘ b ˇˇ ˛ ˘ - ˘ ˇ ˘ ˝ 6 ˘˜ ˇ 0 ˚ ˘˘ 8% ˝ ˘ ˜ ˘ ˆ ˙ ˆ ˘ ˇ ˆ ˆ ( ,! La sentenza venne eseguita il 1 agosto. La terza ed ultima macrosequenza riguarda i processi del Baruello e del Padilla. Il senato rodinò di interrogare nuovamente senza tortura sia Mora che Piazza, per far spiegare meglio le cose confessate e aggiungere eventuali complici; avevano poi 3 giorni per presentare le difese. Le due signore che avevano accuratamente descritto il percorso dell’uomo però non lo avevano visto fermarsi lì; nessuno pensò che era tornato indietro per la stessa strada in cui si pensava avesse diffuso un morbo, nè che lo maneggiasse così liberamente. Che cosa accadde di loro? A quel tempo i giudizi criminali si regolavano sull’autorità degli scrittori perchè non ce n’erano altre. Indice:I promessi sposi (1840).djvu Baruello prima era stato accusato dal Piazza di essere un compagno del Mora, poi dal Mora d’essere un compagno di Piazza, poi da entrambi di aver ricevuto denari per spargere l’unguento del Mora, poi da Girolamo Magliavacca di aver composto lui stesso un unguento. Alessandro Manzoni - Storia della colonna infame (1840) Capitolo primo. Il 2 Luglio vennero comunicati agli imputati gli atti del processo, e stabilito un termine di due giorni per le difese. (Masca). I giudici di questo erano meno convinti. ISBN: 9788806226336: DATA: 2015: NOME DEL FILE: I promessi sposi-Storia della colonna infame.pdf: DIMENSIONE: 6,79 MB: AUTORE: Alessandro Manzoni CC BY-SA 3.0 Il Padilla venne condotto a Milano il 10 Gennaio 1631, venne interrogato per due volte in Gennaio, e poi un ultima volta il 22 Maggio, in tutti gli interrogatori egli affermò la sua estraneità ai fatti, e venne assolto “non si sa quando per l’appunto, ma sicuramente più di un anno dopo poiché le sue ultime difese furono presentate nel maggio 1632”. Capitolo 5: L'impunità e la tortura avevan prodotto due storie; e benché questo bastasse a tali giudici per proferir due condanne, vedremo ora come lavorassero e riuscissero, per quanto era possibile, a … Andrea Temporelli 14,270 views. Il 30 Giugno Mora fu interrogato nuovamente, ma non c’erano abbastanza elementi per torturarlo. Baruello venne accusato anche da Girolamo Magliavacca, gli venne proposta l’impunità ma morì di peste il 18 settembre 1631. Quel sospetto e quella esasperazion medesima nascono ugualmente all’occasion di mali che possono esser benissimo, e sono in effetto, qualche volta, cagionati da malizia umana; e il sospetto e l’esasperazione, quando non sian frenati dalla ragione e dalla carità, hanno la trista virtù di far prender per colpevoli degli sventurati, sui più vani indizi e sulle più avventate affermazioni. Suo padre chiese che venisse sospesa la sentenza a Piazza e Mora, ma i giudici negarono perchè era ciò che voleva il popolo. Il Padilla era un nobile spagnolo, figlio del comandante del Castello di Milano. Regolamento derivante dal fatto che molti imputati sotto tortura si assumevano le colpe di delitti non commessi solo per sottrarsi alle sofferenze. Interrogarono e torturarono nuovamente Piazza, che confessò ma dovette ripetere la confessione anche non torturato. Dopo quella fermata, costui tornò indietro, rifece la medesima strada, arrivò alla cantonata, ed era per isparire; quando, per un’altra disgrazia, fu rintoppato da uno ch’entrava nella strada, e che lo salutò. Felici que’ giurati davanti a cui tali imputati comparvero (chè più d’una volta la moltitudine eseguì da sè la sua propria sentenza); felici que’ giurati, se entrarono nella loro sala ben persuasi che non sapevano ancor nulla, se non rimase loro nella mente alcun rimbombo di quel rumore di fuori, se pensarono, non che essi erano il paese, come si dice spesso con un traslato di quelli che fanno perder di vista il carattere proprio e essenziale della cosa, con un traslato sinistro e crudele nei casi in cui il paese si sia già formato un giudizio senza averne i mezzi; ma ch’eran uomini esclusivamente investiti della sacra, necessaria, terribile autorità di decidere se altri uomini siano colpevoli o innocenti. ... Capitolo 31 - Lettura - Duration: 37:25. Si riconobbe il commissario della Sanità come Guglielmo Piazza e le voci si diffusero in fretta. Questi aveva consegnato al Baruello un unguento ancora da terminare e poi da spargere in giro. Il padre Girolamo venne interrogato l’11 agosto e il giorno dopo confessò, alterando una storia vera: accusò il Baruello di avergli dato un unguento pestilenziale, che in realtà era un sonnifero. ../Introduzione Avuto notizia degli sviluppi, Piazza disse di aver sentito di altri complici: Baldassarre Litta e Stefano Buzzio, che erano stati nella casa di Mora. Padilla aveva incontrato Mora e gli aveva dato soldi e unguento; Don Pietro aveva poi mandato Mora a riscuotere altri soldi presso banchieri, dietro ordine di Padilla. Il Mora però nella concitazione del momento la stracciò; i pezzi vennero poi raccolti ed utilizzati al processo. Per quanto riguarda le fonti ha cui Manzoni ha attinto per informarsi sulla vicenda, l’autore ci informa che non sono rimasti gli scritti originali, ma una copia di una parte. Quali scrittori o storici trattarono della vicenda narrata? Proprio perché non esistono basi attendibili per autorizzare la tortura, i giudici si concentrano sulle “inverosimiglianze” del suo interrogatorio: il Piazza afferma di non sapere degli imbrattamenti sulle muraglie delle case e di conoscere soltanto di vista dei deputati con cui si era trovato in una parrocchia (quest’ultimo fatto è ininfluente ai fini del processo). Quale cagione fu addotta all'unzione dal Mora? Alessandro Manzoni - Storia della colonna infame (1840) Capitolo settimo. Inoltre citare proprio il Padilla fra i vari nobili e cavalieri spagnoli aveva un ulteriore vantaggio, dato che era il figlio del castellano e che quindi costui avrebbe fatto di tutto per liberarlo, giungendo anche ad interrompere il processo. La persona ch’era stata indicata al capitano di giustizia, per averne informazioni, non poteva dir altro che d’aver visto, il giorno prima, passando per via della Vetra, abbruciacchiar le muraglie, e sentito dire ch’erano state unte quella mattina da un genero della comar Paola. Dopo 3 mesi di ricerche, il senato gli pubblicò il processo e gli diede un termine per le difese, accusandolo. Vengono quindi legati alla rota e percossi con dei bastoni fino alla rottura delle ossa e infine, dopo sei ore di agonia, vengono scannati, i cadaveri bruciati, le ceneri sparse nel fiume. Nel 1630 dei giudici accusarono Giangiacomo Mora e Guglielmo Piazza di essere untori, li torturarono per ottenere una confessione. Tuttavia in seguito cominciarono a modificare il linguaggio, fino a stabilire la regola contraria, che gli indizi non sono arbitrari del giudice. Capitolo 6 - Storia della colonna infame - Alessandro Manzoni. Anche il barbiere Giangiacomo Mora ritenne che i muri fossero stati unti. In realtà la legge stabiliva che la bugia, per essere indizio alla tortura, doveva riguardare l’atto di accusa e che doveva essere provata o da una confessione del reo o da almeno due testimoni; non è questo il caso perché le due presunte inverosimiglianze non sono direttamente collegate all’atto di accusa, ma poiché, come afferma lo stesso Manzoni, “i giudici non cercavano una verità, ma volevano una confessione”, le procedure giuridiche sono stata sorpassate. E, cose che in un romanzo sarebbero tacciate d’inverisimili, ma che pur troppo l’accecamento della passione basta a spiegare, non venne in mente nè all’una nè all’altra, che, descrivendo passo per passo, specialmente la prima, il giro che questo tale aveva fatto nella strada, non avevan però potuto dire che fosse entrato in quell’andito: non parve loro una gran cosa davvero, che costui, giacchè, per fare un lavoro simile, aveva voluto aspettare che fosse levato il sole, non ci andasse almeno guardingo, non desse almeno un’occhiata alle finestre; nè che tornasse tranquillamente indietro per la medesima strada, come se fosse usanza de’ malfattori di trattenersi più del bisogno nel luogo del delitto; nè che maneggiasse impunemente una materia che doveva uccider quelli che se ne imbrattassero i panni; nè troppe altre ugualmente strane inverisimiglianze. Dato che non si poteva torturarlo ulteriormente, l’auditore fiscale della Sanità, dietro ordine del Senato, offrì l’impunità, a costo che dicesse la verità. Narra le circostanze dell'arresto di Giangiacomo Mora (Deru). Fu decretato che la sua casa dovesse essere demolita e al suo posto edificata una colonna d’infamia. Poi l’uomo tornò indietro per la stessa strada e incrociò un Commissario di Sanità, con cui scambiò due parole. Il manoscritto è una copia letterale dell’estratto, mentre nel testo stampato sono state omesse alcune parti. Due cose apparvero sospette: Mora non dormiva col resto della famiglia, ma al piano di sotto, come accadeva quando un membro aveva contatti con la peste; inoltre fu trovato del ranno, una materia gialla e viscosa sul fondo di un vasetto di acqua torbida. Si utilizzarono degli espedienti con Spinola perchè il giudice del senato non poteva concedere l’immunità, ma solo il principe o il governatore in sua vece. Il Mora incalzato sostenne che Piazza aveva ricevuto dei soldi anche da “un non so chi”. O se ne chiese, sarebbe peggio ancora il non averne fatto menzione nel processo. Perché? Piazza venne torturato, ma non sapeva di cosa fosse accusato, quindi non sapeva cosa eventualmente confessare. Mora inizialmente aveva confermato l’esistenza di una persona che gli aveva dato i soldi, tuttavia ha nominato Padilla solo dopo un confronto con Piazza, in cui gli è stato fatto capire cosa si voleva che dicesse. Giudicarono inverosimile che non avessero avuto contatti, dato che si fa ungere una persona di cui ci si fida. Oltre alla copia stampata ce n’è una manoscritta, ricca di postille dell’avvocato difensore; questa copia appartine al conte Pietro Verri, ma suo figlio il conte Gabriele l’ha concessa a Manzoni per informarsi. Alessandro Manzoni - La storia della Colonna Infame camente e moralmente impossibile. Ela precisa de um plano para sobreviver a seu destino condenado, e o tempo está se esgotando. Volpi però giurò di non averli mai visti insieme. 20130906221523 Tra le testimonianze utili per il difensore del Padilla, c’è quella si Sebastiano Gorini, che si trovava in carcere in quel periodo e aveva parlato con un servitore dell’auditore di Sanità. Ripete dunque la versione ufficiale e falsa. Qual è il giudizio di Manzoni sugli interpreti della Legge? Secondo capitolo. Alessandro Manzoni. Il servitore aveva parlato con Mora, che gli aveva detto che non aveva mai parlato con uno spagnolo e che non avrebbe riconosciuto Padilla se l’avesse visto; aveva sentito il suo nome e l’aveva ripetuto. Mora venne interrogato in merito alle sue relazioni col commissario, al quale aveva solo parlato dell’unguento. Anche ai giudici parve strana la relazione tra il barbiere e il commissario spagnolo, così chiedero a Mora chi fosse l’intermediario: nominò Don Pietro di Saragozza, almeno questo personaggio inventato. Altra circostanza assai rilevante in cui i giudici forzarono l’interpretazione della legge è la cattura del Mora. Inizialmente Manzoni voleva presentare tutte queste opinioni, ma poi ha optato per le più importanti. 6 settembre 2013 Una prima macrosequenza potrebbe coprire i capitoli I, II, III in cui si narra dell’arresto del Piazza (avvenuto il 22 Giugno 1630), di come lo torturarono e di come lui, dopo la promessa di impunità accusò il Mora, che venne arrestato il 26 Giugno. storia della colonna infame riassunto introduzione si apre con polemica contro giudici che hanno ritenuto di condannare ingiustamente degli innocenti di ergere (Eran gentiluomini eletti in ciascheduna di queste dal tribunale della Sanità, per invigilare, girando per la città, sull’esecuzion de’ suoi ordini.) Fu subito visitata la casa del Piazza, frugato per tutto, in omnibus arcis, capsis, scriniis, cancellis, sublectis, per veder se c’eran vasi d’unzioni, o danari, e non si trovò nulla: nihil penitus compertum fuit. Alla richiesta di nominare i compagni di Piazza, accusò Foresari e Baruello; li aveva già sentiti nominare precedentemente e temeva di essere torturato perchè i giudici ritenevano non verosimile che non sapesse chi fossero i complici. I tribunali intervanivano solo per sottrarre l’accusato all’ira della folla. Torturarono Piazza la prima volta nonostante il diritto romano dicesse che non era possibile cominciare dalla tortura e se ciò fosse concesso, sarebbe stato solo in conseguenza di indizi verosimili e chiari. Morirà di peste in carcere il 18 dello stesso mese. Il 22 Giugno Guglielmo Piazza fu arrestato; la sua sicurezza e il fatto che non era fuggito furono presi come indizi di colpevolezza; frugando nella sua casa non si trovò nulla, altro indizio di colpevolezza. Lo stesso giorno 22, referisce... fante della compagnia del Baricello di Campagna al prefato Signor Capitano, il quale ancora era in carrozza, che andaua verso casa sua, sicome passando dalla casa del Signor Senatore Monti Presidente della Sanità, ha ritrouato auanti a quella porta, il suddetto Guglielmo Commissario, et hauerlo, in esecuzione dell’ordine datogli, condotto in prigione. * ˆ ˜ ˘ ˘ i 1 7 ˇˇ ˜ ˘˙ ˆ ˇ ˙ ˘ -˘ ˘ ˘ ˘˘ ˘ 6˙ ˆˇ ˜ ˆ ˘ ˘ ˆ ˘ ! Egli affermava di aver ricevuto ordine dal barbiere di ungere in cambio della promessa di un'ingente somma di denaro. ../Capitolo II È interrogato sulla sua professione, sulle sue operazioni abituali, sul giro che fece il giorno prima, sul vestito che aveva; finalmente gli si domanda: se sa che siano stati trouati alcuni imbrattamenti nelle muraglie delle case di questa città, particolarmente in Porta Ticinese. Molto più che della storia del processo, si sono trovate raccolte di opinioni sul processo stesso, di persone che però non si erano adeguatamente informate. Alessandro Manzoni F. Gonin, Frontespizio dell'opera. Disse poi un nome reale, Giulio Sanguinetti, banchiere. Dopo le confessioni il Senato milanese li condanna a morte: i due untori rei confessi, legati schiena a schiena, vengono caricati su un carro, attorniato da una folla inferocita. Potrebb’esser benissimo che quella Caterina avesse parlato d’una penna da lei vista davvero in mano dello sconosciuto; e ognuno indovina troppo facilmente qual altra cosa poté esser da lei battezzata per vasetto; ché, in una mente la qual non vedeva che unzioni, una penna doveva avere una relazione più immediata e più stretta con un vasetto, che con un calamaio. Il 21 luglio furono consegnati a Mora e Piazza gli atti posteriori alla ripresa del processo e vennero loro dati 2 giorni per le difese; scelsero questa volta un difensore, consigliati probabilmente da quelli d’ufficio. ), che non sapevano chi dei due fosse il vero colpevole. Per cagione si intende la motivazione che sarebbe stata causa del delitto confessato dall'imputato sotto tortura. Il primo a nominarlo è il Piazza di sua spontanea volontà per cercare di salvarsi; lo accusa di essere la persona grande che aveva finanziato le unzioni. Bisognava chiedergli di ritrattare o essere torturato: se avesse scelto la tortura l’accusa era vera e l’infamia tolta. Invano il Mora disse che non era che semplice ranno. Sign in|Recent Site Activity|Report Abuse|Print Page|Powered By Google Sites, 13-5 Aggiornamento programmi italiano e latino. Capitolo 3: E per venir finalmente all'applicazione, era insegnamento comune, e quasi universale de' dottori, che la bugia dell'accusato nel rispondere al giudice, fosse uno degl'indizi legittimi, come dicevano, alla tortura. Verri sosteneva che nelle leggi non c’era traccia della tortura, quando invece nel passato c’era stata e già molti prima di lui si erano opposti, invitando anche i giudici a non inventare nuove torture; nessuna critica invece è stata mossa per essere stati troppo teneri con un condannato. Quando l’auditore gli porse la ricetta dell’unguento, Mora la strappò, mentre avrebbe dovuto darne spiegazioni. Come nota lo stesso Manzoni è molto strano che un colpevole non provi a nascondersi, sapendo che il suo presunto complice e' in carcere da 4 giorni. Padilla fu assolto più di un anno dopo, dato che le sue ultime difese erano del maggio 1632. La seconda macrosequenza và dal capitolo IV fino alla fine del V. In questi capitoli si narra della conclusione dell’inchiesta del Mora e del Piazza e dell’esecuzione, avvenuta il 1 Agosto 1630. Pur troppo, l’uomo può ingannarsi, e ingannarsi terribilmente, con molto minore stravaganza. L’illustrazione è quella che si trova nella quarantana, opera verso la quale c’era una grande attesa nel pubblico. Risponde: mi non lo so, perchè non mi fermo niente in Porta Ticinese. La casa di Mora viene demolita, lo spazio viene definito non edificabile e si costruisce la colonna di infamia. Mora dice ai giudici di chiedere a Piazza il motivo del delitto, perchè lui non c’entrava; li rimette a un altro perchè possano chiarirsi come mai un solo motivo possa averlo spinto al delitto. Li pongono allora a confronto, facendo in modo che con questo pretesto il Mora venisse a conoscenza di quello che avrebbe dovuto confessare. L’unica accusa a suo carico proveniva da un presunto complice, ed era nulla perchè pronunciata con un accordo di impunità. (Lisa). 20130906221523. La giustizia 2. (Calle). Capitolo 7: Tra i molti scrittori contemporanei all'avvenimento, scegliamo il solo che non sia oscuro, e che non n'abbia parlato a seconda affatto della credenza comune, Giuseppe Ripamonti, già tante volte citato. Ecco un altro reo che non pensava a fuggire, nè a nascondersi, benchè il suo complice fosse in prigione da quattro giorni. Presentalo brevemente ( Linda). Chi altri fu denunciato dal Mora? $ 6 ˛˛ ˇ ˝ ˘ ˘ 4 ˚˘ % ˇ 0 ˙ˆ ˘ ˇ ˛˛ ˘ ˘ ’ ˚ˆ ˘ ˆ ˝ ( h, 8! Gli chiesero di ritrattare o essere torturato e nella tortura confermare l’accusa; Piazza venne torturato molto blandamente e confermò l’accusa. Venne nominato un altro difensore per Mora. Negò, un prete lo raccomnadò a un membro del senato e gli venne offerta l’impunità, che accettò l’11 settembre. TOUR VIRALE - Capitolo 4: Colonna infame - Duration: 9:36. città in scena No views. Il Mora nominò Don Pietro di Saragoza (inventato) come intermediario tra lui e il Padilla. Piazza ritrattò, dicendo che aveva ricevuto denari da un banchiere; tuttavia non sapeva chi avesse nominato Piazza e nominò Girolamo Turcone. Manzoni ritiene che Pietro Verri sia caduto in questo errore, enfatizzando l’iniquità delle leggi e la colpa degli autori, vedendo però a posteriori gli avvenimenti nel complesso. Inoltre Piazza venne torturato una seconda volta, nonostante non fossero pervenuti nuovi indizi, necessari per un’ulteriore tortura. Tuttavia, ribadisce ancora Manzoni, essi modificarono la pratica della tortura rendendola meno barbara e fecero posto a una giurisprudenza più ragionata e più ragionevole. Ai giudici disse che era stato Mora a consegnargli l’unguento pestilenziale da spargere sui muri per diffondere il contagio, in cambio di soldi. Andava rasente al muro perchè pioveva, ma la signora Caterina riteneva che avesse scelto un giorno di pioggia per diffondere di più il morbo. Inoltre demolirono la casa di uno dei due e al posto di questa fecero erigere una colonna, che ricordasse l’avvenimento. Manzoni specifica nella premessa alla Colonna Infame di voler riesaminare l’intera vicenda che già aveva trattato il Verri nel suo “Osservazioni sulla tortura” e di volerne emendare gli errori non per la maggior grandezza sua ma per la diversa prospettiva che si acquisisce con lo scorrere del tempo. È dalle sue memorie difensive (una stampata, una scritta e con le annotazioni del difensore) che il Manzoni afferma di aver ricostruito la vicenda. Capitolo V- Coinvolgimento del Padilla e uccisione di Mora e Piazza. Ma il più strano e il più atroce si è che non paressero tali neppure all’interrogante, e che non ne chiedesse spiegazione nessuna. Il Mora si accusava più di quanto lo accusassero i giudici (? Storia della colonna infame: Alessandro Manzoni: CAPITOLO TERZO . In realtà le autorità erano alla ricerca di un capro espiatorio per fare contenta la popolazione, trovando i colpevoli di un delitto che non c’era ma che si voleva. In quanto contemporaneo alla vicenda gli fu chiaro da che parte stava la verità, ma sempre in quanto tale non poté sostenere apertamente la sua opinione, cosa che l’avrebbe portato allo scontro con l’idea dominante del popolo, appoggiata dai potenti e alla condanna del libro.